Una donna, costretta sola in casa a causa degli acciacchi dell’età e dalla pandemia, ripensa al suo percorso di vita attraverso un vecchio album di foto e appunti su fogli di carta. Il passato chiama e pretende di tornare.
Un romanzo dalla scrittura semplice, matura, a tratti poetica, capace di evocare immagini vivide e in movimento, che fanno pensare alle sequenze di un film. Si viene trasportati in modo elegante e naturale all’interno della storia, difficile non rimanerne coinvolti. Entriamo nel bellissimo Palazzo Valiani e facciamo conoscenza con la bella contessina Ottavia e con un’altra presenza silenziosa che la osserva di nascosto con un pizzico di invidia: si tratta di Verdiana, la sorella minore, e “le sorelle minori, per invisibili che siano, non vanno mai sottovalutate”.
Lo sfondo storico è quello dell’Italia fascista e del Dopoguerra. Il padre delle due ragazzine è un medico chirurgo affermato e ricopre l’incarico di Podestà, vissuto più come un peso che come onore, mentre la madre è sempre avvolta dai pensieri.
Verdiana è ossessionata da Ottavia, che si muove dentro il mondo da padrona: ogni suo gesto è la pietra di paragone sulla quale misurare sè stessa.
Quasi settecento pagine di emozioni e segreti indicibili a lungo serbati che bruciano come i “roghi delle streghe”. La guerra intanto stringe la sua morsa attorno alla famiglia Viviani e la inghiotte nel suo gorgo di sofferenza e morte: verso la fine di luglio 1943, la loro vita di privilegi cambia in modo repentino e radicale. Amara e tagliente, la considerazione di Ottavia: “Dunque è questa, la guerra. Questo niente che sei vivo e un secondo dopo morto. Questo voler bene a chi non conosci, volerlo aiutare…”
La parte del romanzo relativa al periodo della guerra è intensa e drammatica: sangue, abbracci, sfollati, parole, tante cose che mai si pensava di poter fare e invece…
Pagine appassionanti lungo le quali le due sorelle scoprono risvolti inediti nel loro rapporto; soprattutto Verdiana che comincia a sentirsi addosso sebbene per poco, l’energia indomita di Ottavia: “Ora so che siamo sempre stati due vasi comunicanti. Quando in uno il livello si alzava, nell’altro scemava.”
Mi ha colpita tantissimo Verdiana, triste, a tratti ambigua, sempre pervasa da una sottile cattiveria dal retrogusto amaro di solitudine e affetti negati; una creatura invisibile: “Un’assenza, invece di una presenza” che si difende nell’unico modo che le sembra possibile, ossia evitando qualunque contatto con gli altri.
Ho letto questo libro con piacere, lo stile è molto leggero e la storia scorre che è una meraviglia. Ne ho apprezzato le dinamiche, soprattutto quelle tra Ottavia e suo padre, anime che bruciano di verità proibite.
Finale bello, in linea con il romanzo. That’s all falks!
Un pensiero riguardo “TUTTO IL SOLE CHE C’è di Antonella Boralevi”