Una setta segreta, il rapimento di un cardinale, quadri che nascondono messaggi, chiese che poggiano le proprie fondamenta sugli inferi, religioni occulte ed esoterismi vari, tutto sapientemente unito alla bellezza artistica di Roma che non cessa mai di stupire: ecco gli ingredienti del romanzo che ho letto in questi giorni.
Il pittore Ernest Hamilton, da poco giunto nella città eterna, si aggira per il dedalo di strade che serpeggiano intorno agli edifici storici. Giunto nei pressi di una chiesa dalla bella facciata rinascimentale, si sofferma ad osservare Chiara, una restauratrice che sta lavorando su un’antica tela dallo stile apocalittico:
“Sotto un cielo in cui dal ventre di cupe nuvolaglie irrompevano tuoni e fulmini accompagnati da una pioggia torrenziale, la basilica di San Pietro era inclinata su di un lato, mentre la metà della cupola che ancora non era crollata in un cumulo fumigante di macerie stava anch’essa cedendo.”
Ernest e Chiara fanno subito amicizia, accomunati dall’amore per l’arte, la passione per Roma e il progetto di restauro di Chiara.
Il romanzo racconta la scomparsa della tela dal lugubre valore simbolico e il suo ritrovamento in Vaticano, nella stanza di raccoglimento di un cardinale scomparso.
Alle indagini private di Ernest e Chiara, seguono quelle ufficiali di Grevini, ispettore generale della Gendarmeria pontificia: goffo, annoiato e prossimo alla pensione.
Il libro è un avventuroso viaggio nella Capitale, i dialoghi sono brillanti, il linguaggio piuttosto ricercato; racconta l’eterno scontro tra il divino e il diabolico, il bene e il male, l’eccelso e l’animalesco.
Un thriller carico di mistero che affronta gli abissi della natura umana, lasciando emergere avidità famelica e ambizione irrefrenabile. Bello il colpo di scena finale.