A UNA VOCE di Sabina Zanini

Sotto lo sguardo indifferente del mondo, una donna riflette sul significato della vita a partire dalla perdita della madre. Guardata con sospetto e talvolta con compassione perchè una donna non può amare l’isolamento, descrive la banalità delle sue giornate sempre uguali e la lucidità mentale, come unico capitale. La protagonista a prima vista appare cinica, ma forse è semplicemente priva di conformismo di facciata…

Attraverso un veemente flusso di coscienza, racconta in prima persona le sue strategie per evitare il prossimo, l’isolamento e il desiderio di anonimato, concepito come lusso e libertà di osservare. L’impressione che se ne ricava è di spaccatura: da una parte l’inquietante monotonia del microcosmo che la circonda, dall’altra un pensiero travolgente e profondo.

Unica salvezza la passione per la musica classica, in particolare il violino, viaggio nel tempo e fuga presso una zona franca:

“Quando posso indossare le mie cuffie-salvagente, guardo questo ambiente dall’alto come in un’esperienza extrasensoriale di evasione dal corpo.”

 Ho trovato limpide e struggenti, le considerazioni della protagonista sullo stare da soli:

“La solitudine è una sciagura se ti frana addosso, non se la costruisci come condizione per essere liberi di votarsi a un ideale”.

La trovo una decisione più che legittima, soprattutto perchè operata scientemente., anche se a livello sociale genera una certa diffidenza e magari viene scambiata come segno di depressione.

Scritto molto bene, ha ottenuto il Premio Studer/Ganz 2021 per una prosa inedita d’esordio.

https://gabrielecapellieditore.files.wordpress.com/2021/12/cover-zanini-defi-gce-isbn.jpg

 

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