Questo romanzo lo metto tra i miei preferiti di sempre, divorato in pochi giorni nonostante la mole di quasi cinquecento pagine. E’ ambientato in Argentina nel 1960, quindici anni dopo la caduta del nazismo. Adolf Eichmann ex ufficiale delle SS è riuscito a fuggire e si è rifatto una vita sotto falso nome…
Ho apprezzato particolarmente il modo nel quale l’autore ha scelto di raccontare la personalità e la vita del tenente da cui dipendeva il destino di milioni di ebrei: ne interpreta magistralmente i pensieri e li restituisce alla carta in tutta la loro complessità e ferocia. Il libro descrive il presente di Eichmann, la sua quotidianità vissuta sotto un’altra identità, la famiglia, i problemi ordinari, il lavoro in una fabbrica della Mercedes e poi le sue considerazioni taglienti e ciniche sui superiori, il ricordo nostalgico del nazismo e la mancanza di un reale senso di colpa:
“Mi vedo davanti queste mani rugose che un tempo mettevano firme decisive e oggi lavorano solo la terra di casa e l’acciaio in fabbrica. Sta qui il mio fallimento. Ritorno alle pecore, io che sono stato lupo.”
Il libro è scandito dall’alternanza di due punti di vista, quello di Eichmann e quello di Zvi Aharoni, agente del Mossad sulle sue tracce e disposto a tutto, pur di consegnarlo alla giustizia israeliana. Sono rimasta incollata alle pagine, ipnotizzata dal flusso di pensieri, preoccupazioni, reminescenze, progetti e dolori dei due uomini, i cui destini sono indissolubilmente legati. In particolare mi ha affascinata il modo in cui l’autore rappresenta le riflessioni di Eichmann: l’uomo si perde lungamente negli abissi del passato e lo preferisce alle acque stagnanti del suo presente.
Accurato nella parte storica, si lega sapientemente alla finzione narrativa.
Intenso e raccapricciante per le innegabili verità sul nazismo, il romanzo ne racconta l’orrore e il percorso, attraverso un punto di vista inedito.
Una domanda drammatica e inevitabile aleggia tra le pagine: fino a dove si è disposti ad arrivare, per eseguire un ordine?