I libri sono davvero fantastici, permettono di vivere emozioni dai mille colori, di viaggiare da un posto all’altro alla velocità di un giro di pagina ed entrare in contesti che non si conoscono, innamorarsene o talvolta odiarli in modo inesorabile… Qualche giorno fa ero completamente immersa nel passionale mondo dei ballerini di tango e delle milonghe, e oggi entro nell’ambiente che ruota attorno ad un genere musicale a me quasi del tutto sconosciuto: il blues. Fra la via Aurelia e il Mississippi di Marco Di Grazia è il libro che ho letto questa settimana. Se vi piace la musica che sgorga dall’anima e si trasferisce alla voce, se adorate i suoni pieni di lamenti e grida furiose dove ci sono sesso, vita e verità, ecco a voi serviti sei racconti in “blues”!
In Guitar string blues siamo nel 1971 con l’ex sergente dell’esercito Elmer Dixon, da poco rientrato dal Vietnam a causa di una brutta ferita. Si trova nella Contea di Cohaoma, Stato del Mississippi per cercare un certo Abe Freeman e con sé, porta una Colt a canna corta. Elmer dice di essere uno che raccoglie storie e le racconta, e da Abe ne cerca una in particolare, che vuole sentire direttamente dalla voce di chi l’ha vissuta. Il finale del racconto sarà intriso dal colore rosso vivo del sangue e dalle note di un blues triste e malinconico.
Nel racconto intitolato Lo chiamavano Strogoff, il lettore si ritrova proiettato ad un’estate degli anni novanta, precisamente in un paesino della campagna Toscana. Strogoff (così è soprannominato il protagonista per via della sua passione per il romanzo di Verne “Michele Strogoff”, appunto) è un bassista poco dotato, che è solito vestire come Stevie Ray Vaughan, un bluesman texano di cui è grande fan. Strogoff è un personaggio misterioso, provvisto di un certo magnetismo e notevoli doti narrative, sospeso in una dimensione tutta sua, fuori dal tempo, come la casetta immersa nel bosco nella quale vive con il nonno. La morte, a causa di un incidente aereo, del suo idolo Stevie Ray porta a conseguenze inattese: geniali capacità emergono laddove prima non c’erano, e un’ incomprensibile scomparsa lascia tutti con una domanda senza risposta. Il finale sarà impregnato dalla musica di un blues denso di follia, arte, genio, meraviglia e violenza.
Fra la via Aurelia e il Mississippi di Marco Di Grazia è un libro gradevole, con un protagonista davvero speciale a fungere da filo conduttore: il blues. Questa musica intensa, fa da sfondo a sei storie che toccano gli argomenti più svariati tra i quali il razzismo, i viaggi, il mistero e cruenti omicidi. In Martha Rae, il mio racconto preferito, il lettore si trova assieme ai protagonisti, faccia a faccia col demonio in un crocevia della statale con la Highway a mezzanotte, e in questo caso il blues si tingerà delle note colorate di una melodia tagliente e trascinante, calda e avvolgente come… fuoco! Nel racconto finale, si chiude in bellezza con il racconto più particolareggiato e ricco d’atmosfera, che s’intitola Honky tonk train. Qui, il lettore fa la conoscenza di un investigatore e del suo assistente, entrambi oppressi dal peso di un vissuto ingombrante: impareranno entrambi a proprie spese che “il passato non è un pacchetto che si può mettere da parte” (Emily Dickinson); presto ritornerà sotto forma di una bellezza conturbante e nemici pericolosi da sconfiggere.
Il linguaggio utilizzato nella narrazione è semplice, colloquiale, talvolta un pizzico crudo, ma rende benissimo situazioni e personaggi. Le storie sono amabili, ciascuna con le proprie peculiarità. Una lettura d’evasione, scritta con competenza. L’autore trasmette inequivocabilmente il suo amore per la musica e il messaggio arriva forte e chiaro. Credo che in questo, risieda il punto di forza di questo libro.
Buona lettura.
Molto interessante soprattutto per me che amo la musica blues dunque lo comprerò senz’altro.
Grazie dei tuoi suggerimenti buona settimana.
Shera
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buona giornata a te!
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Grazie mille per la recensione, un grosso piacere. 🙂
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È stato un piacere per me! 😍😘
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me lo sono segnato
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Ciao Flavio e buona giornata!
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… anche se debbo dire che il titolo, scopiazzato da quello di un vecchio Lp dei Nomadi, non mi aveva inizialmente invogliato
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Anche io mi faccio influenzare dai titoli…secondo me possono essere molto indicativi
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Faccio una breve incursione per rispondere al lettore, o lettrice, a proposito del titolo. Non è “scopiazzato”, almeno non era questa l’intenzione. Il titolo del mio libro è e vuole essere un omaggio a Francesco Guccini e il suo “Fra la via Emilia e il West” con tutto il suo significato. “La mia America e la sua” diceva sempre Guccini. Io racconto qui la mia America e la mia terra (la via Aurelia che attraversa la Toscana, ma potrebbe essere anche in altre regioni d’Italia) e la vicinanza della nostra terra al Blues.
Grazie. 🙂
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Ottima e opportuna precisazione!
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